Come fossimo stelle. L'alto come il basso nell’universo e in medicina

Rubiamo a Franco Malerba una citazione per riflettere sugli strumenti di conoscenza.
Imparare ad osservare. Tra gli istinti essenziali dell’essere umano c’è sempre stata questa esigenza di ruotare lo sguardo tra il conosciuto e lo sconosciuto. Chiunque si sia occupato di ricerca e innovazione sa stare tra le cose del mondo reale senza dimenticare che prima o poi dovrà allontanarsene per osservare da distante quelle cose e con più distacco trovare nuove strategie per migliorare il sistema di cui sono parte.

Ce lo ha ricordato recentemente Franco Malerba, che, a trent’anni da quella mitica missione del 1992 che lo ha portato nello spazio, ha svelato un dettaglio poetico che ha ispirato le intenzioni di quella squadra di pionieri. Fu il comandante dell’Atlantis a consegnare, sul ritorno dalla missione, al suo team un brano tratto da "Il monte analogo" di René Daumal, che sintetizza perfettamente quella tensione tra il restare e il cambiare, fra il concretizzare e il trascendere.

Il testo recita: “Non si può rimanere sempre in vetta, bisogna ridiscendere (…) Ma per quale ragione salire allora? Eccola: l’alto conosce il basso, il basso non conosce l’alto. Salendo nota tutte le differenze del tuo cammino; perché finché sali puoi vederle. Al momento della discesa non le vedrai più ma tu saprai che ci sono, se le hai osservate bene. Quando non si può più vedere si può ancora sapere”.

Esaote ha accompagnato e monitorato un’altra squadra di astronauti solo qualche anno dopo (i nostri ecografi erano stati caricati sullo Space Shuttle nelle missioni della Nasa STS-50, STS-65, STS-71 nei primi anni Novanta), ma lo spirito interpretato dalle parole di Daumal appartiene a chiunque senta il bisogno di trascendere ciò che già conosce attraverso il coraggio di “staccare i piedi da terra” e la consapevolezza di dover ritornare al punto di partenza, ma con nuovi strumenti: per questo un’azienda che fa ricerca applicata ha un feeling particolare con chi sa non perdersi tra le stelle.

Abbiamo sempre immaginato di salire in un punto in cui riusciamo a sistemare il dettaglio in un quadro complessivo, perché solo così possiamo prendere decisioni, aiutati (e non più spaventati) dalla complessità. Se il libro di Daumal parla di una montagna che unisce terra e cielo, se la spedizione del 31 luglio del 1992 nello spazio ha creato un ponte tra la terra e uno spazio che sempre più l’uomo ha tolto dall’invisibilità, così la medicina cerca di accorciare le distanze tra visibile e invisibile, di scendere nel dettaglio mantenendo la possibilità di guardare la persona come sistema complesso.

La tecnologia medicale offre gli strumenti perché il medico possa porre attenzione e vedere il dettaglio e il contesto in cui quel dettaglio si pone in armonia o disarmonia rispetto al sistema di cui è parte; strumenti per conoscere, per misurare, per confrontare e poi mettere da parte una serie di dettagli quando si ritorna al paziente, alla persona. Sembra un percorso al contrario rispetto a quello che dalla terra ci ha portati in cielo: il medico per osservare da più vicino entra in quello spazio apparentemente invisibile, scende in basso, nel profondo del corpo e poi torna alla pienezza del suo interlocutore.

Quando si parla di esseri umani è difficile individuare l’alto e il basso, il dettaglio e la totalità: in un certo modo l’essere umano, nel suo intreccio di biologia, fisica e metafisica assomiglia a un quadro di Escher, in cui ogni passaggio non è mai lineare. Davanti al medico c’è una macchina vivente, fatta di valori e dati e di energia vitale. L’attenzione può muoversi tra il micro e il macro, il dettaglio torna momentaneamente invisibile mentre si dialoga con il paziente, ascoltandolo e guardandolo negli occhi. Anche lontano dal monitor ormai si sa e quel sapere è un nuovo bagaglio di relazione, che permette di leggere il paziente e le relazioni in corso nel suo corpo in maniera nuova.

La possibilità di spostare l’attenzione su diversi livelli di conoscenza significa poter dare le giuste energie agli strati di complessità che costruiscono un essere vivente. La relazione medica si basa molto sugli aspetti soggettivi di fiducia nella relazione, ma per investire in questo aspetto lo sforzo attentivo al dettaglio, la misurazione degli scostamenti dalla norma, l’analisi delle discontinuità registrate nel tempo, non devono assorbire tutte le energie del medico, ma devono rendersi accessibili in maniera immediata per arricchire quel bagaglio di conoscenza sul paziente in maniera sostenibile per l’intero sistema: in tempi brevi e senza dispersione.

Come salire nello spazio ci ha permesso di osservare la terra in maniera oggettiva per poi svelare le responsabilità anche soggettive della poca cura prestatale, così guardare la profondità del corpo in maniera oggettiva riporta alla relazione soggettiva con una maggiore lucidità e attenzione.

L’obiettivo di Esaote è dare strumenti semplici per osservare in maniera completa e critica un sistema: la macchina ascolta e guarda da molto vicino gli elementi di questo sistema, captando il linguaggio del corpo e creando una mappa di dati, mentre il medico cattura la complessità dell’individuo in uno scambio umano, che la macchina potrà forse replicare ma mai sostituire.

Tecnologia ed esperienza umana si alleano nel cogliere quell’invisibile che è reciprocamente inibito: un udito e uno sguardo amplificato artificialmente sostengono la competenza di leggere lo spirito del paziente, inteso come sistema di percezioni e motivazione che tanto incide sulla guarigione e sul perfezionamento di una diagnosi.

Rendere un sistema complesso di indicatori facilmente fruibile lascia spazio ad aspetti del lavoro del medico non ripetibili, non programmabili, che emergono proprio per una concentrazione della propria attenzione e delle proprie energie su altri aspetti invisibili del paziente, rispetto a quelli proposti dalla macchina.

Una tecnologia non è mai la soluzione, ma è sicuramente uno strumento in più per trovarla.

D’altra parte anche sull’Atlantis rimaneva responsabilità dell’equipaggio il coordinamento tra la guida dello Shuttle, l’obiettivo della missione e l’utilizzo di una schiera di strumenti diagnostici e di misura: una competenza di regia e di restituzione dell’esperienza che rimane attributo umano.

Rimani aggiornato sul mondo Esaote

Non perdere l'opportunità di rimanere aggiornato sui prossimi eventi, la formazione e tutte le novità di Esaote.

Esaote

ATTENZIONE

Le informazioni contenute in questo sito sono destinate in via esclusiva agli operatori professionali della sanità in conformità all'art. 21 del D.Lgs. 24 febbraio 1997, n. 46 s.m.i e alle Linee Guida del Ministero della Salute del 17 febbraio 2010 e successivo aggiornamento del 18 marzo 2013.

Sei un operatore sanitario?

Login required to access this resource.
Go to login page